Il Naviglio Pavese – storia

Il Naviglio Pavese

Il naviglio Pavese è lungo 33,1 km e largo 10,8 metri sul fondo; il dislivello tra la darsena di porta Ticinese e il Ticino è di 56,6 metri, dei quali 4,40 metri sono superati dall’inclinazione del fondo, mentre agli altri 52,2 provvedono dodici conche con cascate, di cui due delle quali doppie. Il Naviglio di Pavia ha l’incile alla darsena di Porta Ticinese, che lascia in direzione sud-sud-ovest proseguendo praticamente rettilineo fino a Binasco, al confine della provincia di Milano. Qui, dopo Casarile, entra nel territorio Pavese volgendo a sud-sud-est e prosegue di nuovo rettilineo sino a Pavia, che attraversa fino a sfociare nel Ticino, nella cosiddetta area del Confluente.

Fino circa alla metà del ‘900 il Naviglio Pavese fu intensamente utilizzato per la navigazione mercantile; gli ultimi barconi da trasporto lo percorsero nel 1965. Oggi viene utilizzato esclusivamente come canale irriguo, (Il naviglio Pavese lascia sul suo percorso i tre quinti dell’acqua ricevuta a Milano) anche se si tenta di ripristinare un servizio di navigazione di diporto, inoltre è un tratto fondamentale per l’auspicata idrovia Locarno-Milano-Venezia.
Naviglio Pavese a Rozzano

Storia

A differenza del Naviglio Grande, i cui lavori iniziarono nel 1179 e finirono nel 1272, la costruzione del Naviglio Pavese fu molto più lenta e difficoltosa. L’idea di collegare con una via d’acqua Milano a Pavia risale dalla seconda metà del XIV secolo, quando nel 1359, su ordine dei Visconti, venne iniziato lo scavo di un canale da utilizzare per la costruzione della nuova via d’acqua.

Tuttavia solo durante la secondo metà del XVI secolo, sotto la dominazione spagnola (1535-1705), si diede inizio ai lavori di costruzione del Naviglio Pavese, lavori che iniziarono anche per via dell’inadeguatezza e scomodità che si riscontrava nell’utilizzo del naviglio di Bereguardo, all’epoca perfettamente operante, ma senza sbocco e per tanto separato dal Ticino da una lingua di terra che doveva essere per forza percorsa trasportando le merci sul dorso dei muli.

Così verso la fine del 1500, il governo spagnolo decise così di creare un nuovo canale per collegare Milano a Pavia, con il progetto risalente al 1595 firmato dall’ingegnere Giuseppe Meda. . L’ingegner Meda stimava (erroneamente) che sarebbero bastate 3 o 4 conche per il percorso da Milano a Pavia e altrettante per scendere da Pavia al Ticino, per un totale così di 7-8 conche. Nel 1598 il progetto ottenne l’approvazione direttamente dal Re di Spagna Filippo II, ma l’immediata morte dell’ingegner Meda e poco dopo dello stesso sovrano, resero impossibile iniziare i lavori.

Nel 1600 il nuovo Governatore, il Conte de Fuentes, ridiede vigore all’opera, nominando alla direzione dei lavori gli ingegneri Francesco Romussi e Alessandro Bisnati, i quali proposero una prima variazione al progetto originale: il naviglio avrebbe abbandonato il letto del Navigliaccio a Binasco, spostandosi dalla destra alla sinistra della “strada maestra da Milano a Pavia”. Secondo le misurazioni dei due ingegneri, la pendenza del terreno era di 53,46 metri, superabili con soltanto due conche nel tratto da Milano a Pavia: la prima poco al di sopra del Lambro Meridionale, a circa 3,5 Km da Milano (oggi nei pressi della Conca Fallata), e la seconda presso il paese di Torre del Mangano (oggi Certosa di Pavia), a circa 7 Km da Pavia. Nel 1601 iniziarono i lavori ma si ebbero ben presto problemi a causa del ritardo con cui il governo spagnolo pagava gli appaltatori.
Il Ponte del Trofeo sul Naviglio Pavese, a Porta Ticinese di Giovanni Migliara, 1800

Nonostante le difficoltà, l’anno seguente la direzione decise di adattare alla meglio il primo tratto scavato – fino al Lambro Meridionale – e di organizzare una grandiosa inaugurazione alla presenza del Conte De Fuentes, ovvero una discesa del primo tratto su un magnifico “bucentoro” allestito appositamente per l’occasione. Per tramandare la memoria della grandiosa cerimonia, non venne tralasciato di erigere un monumento, il cosiddetto “Trofeo”, eretto sul ponte dove il Naviglio Pavese si stacca dalla Darsena.

I lavori continuarono a rilento fino al 1605, quando gli appaltatori, non vedendo soddisfatte le promesse dei pagamenti nei tempi convenuti, cessarono ogni attività.

Nacque allora l’idea (senza effettivo seguito) di modificare di nuovo il tragitto del canale, non più prolungandolo fino a Pavia, ma deviandolo sotto la prima conca per farlo sboccare nel Lambro (all’epoca la “Conchetta” non esisteva ancora) e renderlo così di qualche utilità. Con la morte del Conte De Fuentes nel 1610, grande sostenitore del canale, nel 1611 un decreto ordinò l’abbandono definitivo di tutti i lavori in sospeso, così il tratto di canale già scavato venne destinato al solo uso irriguo, e si incominciò a chiamarlo “Naviglio Fallato”, ovvero sbagliato, e così anche la sua unica conca acquisì la medesima denominazione: la “Conca Fallata”, nome ancora oggi in vigore.
Xilografia del ‘700 della Conca Fallata

Nel corso del XVII secolo si tornò più volte a parlare del Naviglio di Pavia, numerosi progetti furono presentati al governo spagnolo, ma nessuno di essi fu preso in considerazione.

Nemmeno sotto la dominazione del governo austriaco i lavori al canale di Pavia continuarono, poiché gli austriaci privilegiarono la realizzazione del Naviglio di Paderno, rimandando ancora la costruzione del Naviglio Pavese. C’è però da precisare che Maria Teresa d’Austria ordinò che si riprendessero i lavori per entrambi i canali (Pavese e di Paderno), ma l’idea di mettere mano contemporaneamente a ben due cantieri tanto impegnativi venne scartata per ovvie ragioni economiche e il ministro degli esteri Kaunitz. Così, dovendo optare per uno dei due canali, decise di consultare le città interessate, cioè Como e Pavia. I pavesi, che temevano di essere relegati in secondo piano, dimostrarono ancora una volta la loro inspiegabile e miope contrarietà, e implorarono il Governo di soprassedere, ritenendo l’opera dannosa per il proprio commercio. Il Kaunitz preferì quindi optare per il Naviglio di Paderno, che sarebbe stato completato quattro anni dopo.

Persa anche questa occasione, tutto venne congelato fino al 1805: sotto il controllo francese Milano era divenuta dapprima capitale della Repubblica Cisalpina ( 1797-1802) , poi di quella Italiana (1802-1805 ) e infine del Regno d’Italia ( 1805-1814 ). In questo contesto prese piede un fervore di iniziative e lavori che fece tornare alla ribalta anche il Naviglio pavese, il cui piano venne ripreso per espresso decreto di Napoleone datato 20 giugno 1805, costituito da due soli articoli:

“Il canale da Milano a Pavia sarà reso navigabile. Mi sarà presentato il progetto avanti il primo ottobre ed i travagli (lavori) saranno diretti in modo da essere terminati nello spazio di otto anni”.

Il direttore generale delle Acque e strade, il conte Giovanni Paradisi, nominò quindi una commissione di periti per redigere il progetto, composta dal matematico professor Vincenzo Brunacci dell’Università di Pavia e dagli ingegneri governativi Ferrante Giussani e Angelo Giudici. Circa il tracciato, la commissione tenne sostanzialmente per buono quello precedentemente determinato dall’ingegnere Frisi. Per quanto atteneva le conche, rimasero invariate quelle ipotizzate dal Frisi e vennero fissate anche quelle da collocare in città: la prima davanti a Porta San Vito, la successiva davanti a Porta Stoppa (posta nei pressi di Piazza Emanuele Filiberto, anticamente detta Porta di S. Maria in Pertica, chiusa nel 1784, da cui il nome stùpa, o stòpa che significa appunto chiusa), la terza posta prima di incontrare strada postale per Cremona, e l’ultima conca posta sulla stessa strada prima dello sbocco in Ticino.
Biconca del Poligono (Pavia)

Il piano dei lavori della commissione del 1805 per il progetto del canale di Pavia venne valutato 6.200,388 lire di Milano. Nella primavera dell’anno seguente dopo esser stato analizzato e confermato dal Governo di Milano, il progetto fu spedito per l’approvazione di Napoleone a Parigi, dove fu sottoposto al controllo del matematico Gaspard Riche barone di Prony e approvato definitivamente nel giugno 1807, con grandi encomi per gli autori del progetto, non mancando però di migliorare alcune opere presenti nel progetto, riguardanti soprattutto i salti d’acqua, per lui troppo elevati. Di conseguenza, i due ingegneri si misero subito al lavoro per apportare i miglioramenti consigliati e così l’ingegner Giudici decise di creare un altro sostegno nei pressi dell’attuale Conchetta, fra l’incile ed il sostegno al Lambro (Conca Fallata).

I lavori ebbero prontamente inizio, tuttavia nel 1809 ai due direttori, per vari motivi, si sostituì Carlo Parea, ingegnere in Capo del Dipartimento d’Olona, con molta esperienza in lavori idraulici nel Milanese. Sotto la sua direzione venne restaurata e riformata la Conca Fallata e di conseguenza venne inaugurato il giorno 28 agosto del 1809 il tratto fino a Rozzano, interessando quindi i territori di Cassino Scanasio dove risiede la terza chiusa.

L’anno successivo la navigazione arrivò fino a Moirago, situato ad 1,5 Km dal sostegno di Rozzano, nel 1811 a Binasco, dove venne decisa una nuova variazione di linea: anziché lambire tutto l’abitato di Binasco per gettarsi nel Navigliaccio al di sotto di esso, il canale si sarebbe distaccato per andare a raggiungere la strada postale da Milano a Pavia, portandosi alla sua sinistra e continuando, sempre in linea retta, fino a Campeggi; da lì, invece di entrare, come previsto, nella fossa esterna delle mura di Pavia si sarebbe tenuto ad una certa distanza.

Nella revisione del progetto venne decisa anche la collocazione delle conche ancora da costruire, in modo da averne una a Casarile, una a Nivolto, una terza a Torre del Mangano, e una quarta a Cassinino. Una volta a Pavia, per immettersi nel Ticino il progetto prevedeva altre tre conche: la prima a Porta San Vito, la seconda al bastione della botanica, e l’ultima a Porta Cremona.

Approvato il nuovo progetto, durante i lavori del 1811 venne presa la decisione di costruire una seconda strada per l’alzaia, cosa che sarebbe risultata molto utile per trainare le barche contro corrente e avrebbe comportato solo un modesto aumento di spesa; a fine anno, alla presenza del Direttore Generale delle Acque e Strade, il sig. Tadini, si poté sperimentare con successo la navigazione fino a Binasco.
Ponte Levatoio di Badile, 1927 Fonte: Pavia e Dintorni

Tuttavia il borgo di Badile, sotto Moirago, veniva tagliato in due dal corso del Naviglio, così la commissione, su suggerimento dell’ingegnere Parea, ha deciso di costruire un ponte, non in pietra come quello costruito l’anno prima a Cassino per unire le campagne alla strada postale Milano Pavia, ma un ponte in legno galleggiante.
Quest’opera valse al sig Parea la medaglia d’argento in occasione della distribuzione dei premi d’arte ed industria per l’anno 1811, indetta dall’Istituto Italiano.

Nel 1812 si iniziarono contemporaneamente a scavare la tratta da Binasco a Casarile e quelle da Casarile a Nivolto (resa navigabile l’anno dopo) e da Nivolto a Torre del Mangano. In questa località, il Naviglio avrebbe intersecato il viale che porta alla Certosa: per non interrompere la visuale del monumento si decise di situare la chiusa in maniera che il ponte fosse più basso dell’ordinario, lasciando che parte della conca stessa sorgesse al di sopra del piano del terreno circostante. Così nel 1814 la navigazione giunse fino a Torre del Mangano e contemporaneamente si iniziarono i lavori dell’ottava conca a Cassinino.

Tornata Milano in mano austriaca, la costruzione del canale, fortunatamente non venne interrotta, nel 1815 si costruì la conca di Porta San Vito, e venne messo in sicurezza il tratto da Cassinino a Campeggi, costruendo le armature necessarie a contenere le abbondanti infiltrazioni.

Il 17 luglio del 1816 l’acqua finalmente arrivò a Porta Milano, rendendo il canale navigabile fino a Pavia e attraendo in massa gli utilizzatori del Naviglio di Bereguardo, a quel punto diventato obsoleto. Nel 1817 la navigazione arrivò fino ai bastioni della botanica e da lì avrebbe dovuto proseguire affrontando un dislivello di circa 19 metri per far sboccare così il Naviglio nel Ticino. I progettisti, guidati da Carlo Parea, potevano affrontare il superamento del dislivello dividendo la pendenza in 4 conche accollate a due a due, oppure in 5 conche di cui 4 accollate, aventi così dei salti minori, ed una presso lo sbocco sul Ticino. Il Governo di Milano e quello Austriaco deliberarono per la seconda soluzione delle 5 conche.
Festa di inaugurazione dell’apertura della navigazione del Naviglio Pavese fino al Ticino il 16 Agosto 1819 . Cesare Cantu, Grande illustrazione del Lombardo – Veneto, 1857

Nel giugno del 1819 il Naviglio Pavese fu finalmente completato e venne ufficialmente inaugurato due mesi più tardi, il 16 agosto, alla presenza dei Sovrani dell’Austia: “A questa funzione ha assistito in persona, con seguito di autorità e degli ingegneri del canale, l’Arciduca Ranieri, Vicerè del Regno Lombardo-Veneto. Entrato questo Principe colla sua comitiva nella barca appostata sul canale, alla vista di numerosa popolazione e al rimbombo delle artiglierie di Pavia, sono state felicemente eseguite per la prima volta la discesa e l’ascesa sugli ultimi tronchi del canale medesimo”.

Il sogno tanto sospirato dai milanesi nei secoli era finalmente realtà: il mare si poteva finalmente raggiungere tramite il Naviglio di Pavia ed il Po, il lago Maggiore lo si raggiungeva tramite il Naviglio Grande e il Ticino, ed il lago di Como tramite il Naviglio della Martesana e l’Adda.

Da quel momento ebbe inizio un periodo d’oro di circa 50 anni in cui il Naviglio fu percorso da un intensissimo traffico di imbarcazioni: le più comuni erano il mangano, il burchiello e la corriera pavese destinata anche al trasporto passeggeri.

L’arrivo della ferrovia, nel 1862, comportò un significativo calo delle merci trasportate via acqua, ma il traffico di barche, pur diminuito, non si interruppe. Il destino del Naviglio era però segnato, anche per la persistente ostilità di Pavia verso il canale.

Il progressivo aumento dell’importanza del trasporto su gomma del secondo dopoguerra rese lampante che il canale aveva fatto il suo tempo: gli ultimi barconi da trasporto transitarono nel 1965. Con la loro scomparsa si metteva la parola fine ad una pagina di storia durata più di otto secoli.

Il Naviglio di Pavia è infine stato declassato a semplice canale di irrigazione e la sua funzione di trasporto è stata sospesa definitivamente con la legge n.450 dell’1 agosto del 1978, trasferito alla Regione Lombardia e sottoposto alla disciplina prevista per le alte opere d’irrigazione d’interesse regionale.

Fonti:
http://naviglireloading.eu/il-sistema-dei-navigli-lombardi/il-naviglio-pavese/

– Giuseppe Bruschetti, “Storia dei progetti e delle opere per la navigazione interna del milanese” , 1842

I pionieri: le imprese milanesi del 1926 e 1927

Non tutti sanno che la nascita del canottaggio a Milano fu ispirata proprio da un lungo viaggio a remi.

Un giorno dell’estate 1890, un gruppo di atleti della Società Ginnastica “Forza e Coraggio” stava remando su dei pattini sul Laghetto di S. Eustorgio (l’attuale darsena di Porta Ticinese), quando a un tratto videro apparire tra la darsena e la conca del Naviglio una barca con voga veneta a quattro remi della storica Canottieri Caprera di Torino, giunta a Milano via Po-Ticino-Naviglio Grande. Nella mente di Guido Alessandro Bonnett nacque l’idea di fondare una società di canottaggio meneghina. A pochi mesi di distanza, nel dicembre del 1890 ebbe origine la Società Canottieri Milano.
Nella seconda metà degli anni venti partirono da Milano due spedizioni che, passando per Venezia, avevano come meta le lontane terre d’Istria e di Dalmazia. Il 13 agosto 1926 un equipaggio composto da Angelo Cattaneo, Giorgio Maggioni, Giuseppe Tettamanzi, Mario Zappa e Guido Ferrari partì alla volta di Pola.  L’itinerario fu Pavia, Cremona, S. Benedetto Po, Papozze, Venezia, Grado, Trieste e Parenzo, e dopo un percorso di circa 710 chilometri, in nove giorni l’equipaggio milanese approdò alla Canottieri “Pietas Julia” di Pola.

L’equipaggio del raid Milano-Pola. di A.Chierichetti
L’equipaggio del raid Milano-Pola. di A.Chierichetti
Raid Milano-Zara: il trasbordo della jole (a Pavia) dal Naviglio al Ticino. di A.Chierichetti
Raid Milano-Zara: il trasbordo della jole (a Pavia) dal Naviglio al Ticino. di A.Chierichetti

Il 6 agosto dell’anno seguente, il medesimo equipaggio (con la sola sostituzione di Guido Ferrari con Arnaldo Chierichetti) si spinse oltre, raggiungendo Zara. Ci vollero questa volta 13 giornate e le tappe di questa ulteriore impresa furono: Piacenza, Casalmaggiore, Ficarolo, Chioggia, Venezia, Lignano, Trieste, Parenzo, Pola, Unie e Zapuntello e, infine, Zara.

Il PO da Milano a Venezia – Nota Storica

Bacino idrografico del fiume Po

Il Po è il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano; con la sua lunghezza di 652 km è anche il fiume italiano con il bacino idrografico più esteso (circa 71 000 km²). Il Po coi suoi diretti o indiretti immissari bagna in Italia, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia e Veneto; in particolare Per questo ha sempre rappresentato un grosso potenziale per il trasporto e la mobilità interna. La navigabilità è però risultata (e lo è tuttora) difficoltosa.

Regioni Italiane inserite nel bacino idrografico del fiume Po
Già nel Cinquecento, infatti, i viaggiatori stranieri in Italia, mentre compivano il Grand Tour, per dirigersi da Bologna a Firenze o Ferrara utilizzavano navi-corriera lungo il Po e i suoi canali non certo dotate di quei confort a cui sono improntate le crociere di oggigiorno. Il viaggio era lungo e disagiato ma di certo meglio di uno spostamento in carrozza: durante le forti piogge le strade si trasformavano in pantani di fango e diventavano impraticabili per i veicoli.

Naturalmente le cose andavano discretamente meglio nella Repubblica de La Serenissima che dalla navigazione traeva il suo benessere e splendore. A fianco del cabotaggio fluviale usato per le merci sin dal 1500  esisteva – lungo il Po e nel reticolo di canali intorno alla laguna di Venezia – una florida organizzazione di vettori, specializzati  nel trasporto di persone1. Utilizzavano imbarcazioni appositamente realizzate per rendere più confortevole il viaggio per acqua: peote e burchielli2 (cioè piccoli burchi).

Le barche corriere per il trasporto di passeggeri e bagagli, o come venivano indicate allora  “barche di volta”, erano gestite da  associazioni di barcaioli che avevano le loro sedi a Verona, Padova e Vicenza; la più importante, la Compagnia dei Corrieri Veneti, faceva trasporto di posta e denaro. L’itinerario classico era da Padova a Venezia (e ritorno); il suo scopo era il collegamento dei borghi e delle ville nobiliari di campagna con la capitale e la laguna. Molte furono le celebrità passate che descrissero questo itinerario nelle loro opere: Johann von Goethe, Michel de Montaigne e Charles de Brosses, conte di Tournay oltre a Giacomo Casanova e l’Alfieri.

Dal Medioevo sino al XIX secolo la navigazione fluviale nell’Italia settentrionale e soprattutto sul Po, avvenne sempre con le medesime tecniche di navigazione e le medesime imbarcazioni. Le più antiche e comuni erano le zattere o chiatta che dovevano essere sempre a rimorchio; le chiatte più grandi dotate persino di un piccolo abitacolo al centro riuscivano persino a trasportare 80 quintali.

La navigazione secondo corrente procedeva rapida, ci si aiutava con dei remi che di norma puntellavano anche il fondo per migliorare la manovrabilità ed evitare le pericolose secche sabbiose e gli argini delle rive. Di norma un marinaio stava a prua scandagliando di continuo il fondo con una lunga asta e gridava la direzione da prendere al timoniere.

La risalita era tutt’altra navigazione: molto più lenta; si cercava di risalire in controcorrente un canale sufficientemente profondo e con la corrente non troppo veloce; ci si aiutava con i remi e se l’imbarcazione aveva le vele e se il vento era favorevole a volte si alzavano per sfruttare anche questo tipo di propulsione. In alternativa alcuni marinai dovevano scendere su una sponda e trainare da terra la barca sfruttando la forza umana o, se disponibile, quella animale;  si seguivano le piste battute sulle sponde del fiume e la tecnica era detta del traino d’alzaia o alaggio. La strada alzaia lungo i vari canali in molte città prende proprio il nome dal grosso canapo che assicurava il tiro dei battelli controcorrente.

Con l’introduzione verso la meta dell’Ottocento della forza motrice a vapore e, nel secolo seguente, del motore a scoppio, la navigabilità cambiò notevolmente. Inoltre le nuove imbarcazioni richiedevano porti fluviali d’approdo, e anche di cantieri navali per la loro costruzione e manutenzione; famosi erano quelli di Monticelli d’Ongina, Cremona, Casalmaggiore, Viadana, Boretto, Gualtieri, Mantova, Ostiglia.

L’Ottocento segnò una novità per la navigazione padana in particolar modo per Milano, Pavia e il Po. In periodo napoleonico si aprì alla navigazione il Naviglio Pavese. Il Naviglio Pavese fu costruito per volontà di Napoleone Bonaparte tra il 1805 e il 1819 sia come canale navigabile, per mettere in comunicazione Milano con il Po (attraverso Pavia e il Ticino), sia come canale per l’irrigazione dei campi. Il Naviglio Pavese ha la sua origine a Milano precisamente nella Darsena di Porta Ticinese e confluisce a Pavia nel Ticino. Esso riceve le acque correnti dal Naviglio Grande il quale a sua volta deriva le sue acque dallo stesso Ticino a Tornavento, circa 20 km a valle di Sesto Calende. E’ lungo 33 km e la sua larghezza media è tra gli 11 e i 12 metri; il suo percorso si sviluppa in linea retta in direzione sudovest sino a Binasco e da li piega leggermente a sud per raggiungere Pavia. Il dislivello tra la quota di presa del canale (Darsena di Porta Ticinese) e la confluenza in Ticino è di 56 metri, superati con un sistema di 12 conche3 che ne consentivano una navigabilità ormai da tempo abbandonata.
Grazie all’intervento napoleonico Milano, il Lago Maggiore e Locarno in Svizzera furono collegati al mare. Come detto sopra, verso il 1820 fecero la loro comparsa le imbarcazioni a vapore per il trasporto di merci e persone. Si documenta che “già nel giugno del 1820 arrivava a Pavia l’Eridano, vapore in servizio di linea tra Milano e Venezia che assieme al Virgilio, per la tratta Venezia-Mantova, sono di una società di cui fanno parte Porro, Confalonieri, Visconti e Pellico”. E vi fu proprio la loro presenza al viaggio inaugurale assieme a Vincenzo Monti e al governatore della Lombardia Conte Stassoldo. In questo modo si cercava di sviluppare la navigazione interna (come avveniva già da tempo in Inghilterra)4.
Nel 1844 un’altra società milanese, la Perelli-Parabisi armò due battelli (il Contessa Clementina e il Pio IX); a questa subentro poi il Lloyd Austriaco che svolse il servizio dal 1854 al 1859 coi vaporetti Modena e Reggio. Nello stesso periodo, con il battello Maria Luigia, varato nel 1828, operava a Parma un’altra società che percorreva la tratta Piacenza-Cavanella Po e che approdava anche a Guastalla.
Il declino del trasporto sui battelli avvenne con l’avvento delle ferrovie, sviluppatesi soprattutto tra i1 1855 e il tardo Ottocento. Vi fu una ripresa della navigabilità fluviale all’inizio del XX secolo e poi sotto il Fascismo. Sono infatti di quest’anni i progetto del canale Navigabile Milano-Pizzigettone-Cremona (1911, incompiuto esiste solo la tratta Pizzighettone -Cremona), della nuova darsena commerciale di Milano, ovvero Porto di Mare (1917, mai realizzato) e dell’idroscalo di Milano (1926) questo, unico dei tre progetti portato a termine. La navigazione subisce una radicale trasformazione con l’avvento dei rimorchiatori a vapore che consentivano il traino di cinque-sei chiatte. Questi ultimi restarono in servizio circa fino al 1943.
LA NAVIGAZIONE DEL PO DA MILANO A VENEZIA: AI GIORNI NOSTRI
Per molti decenni, con l’avvento del trasporto su strada ormai consolidato l’idrovia del Po perse man mano la sua importanza e poche furono le opere di miglioria o mantenimento di questa risorsa. Una prima decisione politica atta a far rinascere la navigabilità interna fu la legge 380/1990 che definì il sistema idroviario padano-veneto, con il Po come asse centrale, di preminente interesse nazionale. La rete menzionata nella legge sopracitata, è stata poi specificatamente identificata con un decreto del Ministro dei Trasporti n° 759 del 1992.

TABELLA 1: Idrovia padano – veneta
dal Decreto del Ministero dei Trasporti e della Navigazione n. 759/92, previsto dalla legge 380/90

Fiume Po da Casale Monferrato a Foce Ticino
65 Km
Fiume Po da Foce Ticino al mare
389 Km
Fiume Ticino da Pavia alla confluenza con il Po
7 Km
Fiume Mincio, da Mantova alla confluenza con il Po
21 Km
Canale Po – Brondolo (Chioggia)
19 Km
Idrovia Fissero – Tartaro – Canalbianco – Po di Levante
135 Km
Laguna veneta (da Chioggia a Venezia)*
30 Km
Idrovia litoranea veneta da Portegrandi a foce Isonzo
140 Km
Canale Milano – Cremona**
66.5 Km
Idrovia Ferrara – Ravenna
87 Km
Canale Padova – Venezia
28 Km

987.5 Km
Porti interni/banchina di: Cremona, Mantova, Milano, Pavia, Casalmaggiore, Pizzighettone, Ostiglia, Rovigo,
Legnago, Padova, Pontelagoscuro, Boretto, Porto Levante, Piacenza..
*Tratto non previsto nel Decreto. Viene, comunque, navigato per raggiungere Venezia.
**Canale progettato e non completato. Tra il 1960 e il 1984 è stata costruita una parte del canale: da Cremona a Pizzighettone per un tratto di 14 Km.
Idrovia del Po secondo il decreto 759/92
Rispetto alla situazione descritta dal regolatore nel ’92, la situazione si presenta però con uno stato di avanzamento lavori più modesto.

TABELLA 2: Idrovia padano – veneta
Secondo lo stato di fatto ARNI/AIPO (Agenzia interregionale per il fiume Po)
Fiume Ticino da Pavia alla confluenza con il Po
Solo turistico    7 Km
Fiume Po da Foce Ticino a Cremona
Solo turistico  97 Km
Fiume Po da Cremona al mare
292 Km
Canale Milano – Cremona fermo a Pizzighettone
14 Km
Fiume Mincio, da Mantova alla confluenza con il Po
21 Km
Canale Po – Brondolo (Chioggia)
19 Km
Idrovia Fissero – Tartaro – Canalbianco – Po di Levante
135 Km
Laguna veneta (da Chioggia a Venezia)
30 Km
Litoranea Veneta (Veneza-foce fiume Isonzo)
Solo turistico 127 Km

812 Km
Porti interni/banchina di: Cremona, Mantova, Milano, Pavia, Casalmaggiore, Pizzighettone, Ostiglia, Rovigo,
Legnago, Padova, Pontelagoscuro, Boretto, Porto Levante, Piacenza..

Idrovia del Po stato di fatto AIPO
In vista di Expo Milano 2014 si è pensato di riaprire l’antica via di navigazione Locarno-Milano-Venezia per farne un affascinante itinerario turistico. Dalla cittadina di Locarno si scende dal Lago Maggiore fino ad Arona e Sesto Calende, per poi proseguire sul fiume Ticino fino alle dighe del Panperduto in località di Somma Lombardo (nelle vicinanze dell’aeroporto della Malpensa). Da Panperduto, saranno potenziati i percorsi navigabili, ciclabili e pedonali del Canale del Naviglio Grande fino alla Darsena di Milano e del Canale Villoresi che collegherà il sito dell’Expo. Dalla Darsena di Milano il percorso prosegue, come il nostro itinerario, verso Pavia sul Naviglio Pavese per poi rientrare sul fiume Ticino e sboccare infine sul fiume Po  passare quindi da Piacenza, Cremona e Ferrara per arrivare nella laguna veneta e sfociare infine nel mare Adriatico a Venezia.
La nostra discesa da Milano a Venezia si vuole proprio inserire in questo progetto e quello più Milanese delle “Vie d’Acqua5”. Infatti, il principale obiettivo di questo ambizioso progetto è quello di far riscoprire la bellezza e il potenziale di Milano come città d’acqua. La nostra manifestazione, inserendosi nel progetto di Milano Expo 2015, potrebbe, infatti, beneficiare di una grande visibilità per promuovere il territorio e il paesaggio, per valorizzare il canottaggio quale sport inserito in un contesto territoriale ed urbanistico d’eccezione ed infine riscoprire un sistema di trasporto alternativo.

Il progetto dell’idrovia Locarno-Milano-Expo Milano-Venezia

Perché reMIVEri

Nel 2013, Massimo Citterio e Giacomo Scandroglio, soci della Canottieri S. Cristoforo, visitando la mostra fotografica Milano tra le due guerre – Alla scoperta della città dei Navigli, attraverso le fotografie di Arnaldo Chierichetti, notarono una immagine che ritraeva un gruppo di vogatori della Canottieri Milano. La foto documentava una loro impresa, compiuta negli anni venti: la discesa del Po, da Milano a Venezia, proseguendo fino a Trieste e oltre.
Dopo avere coinvolto altri soci della Canottieri San Cristoforo, si diffuse l’idea di cimentarsi nella stessa impresa. In seguito a ricerche più approfondite, si ritrovò il percorso originale e si cominciò a radicare la convinzione che potesse essere replicato. Grazie al sostegno del presidente della Canottieri San Cristoforo, Sergio Passetti, e all’adesione entusiastica di altri membri della società, è così nata l’associazione reMIVEri.
ReMIVEri si pone l’obiettivo di riaprire le vie d’acqua alla navigazione a remi, attraverso una nuova concezione del turismo sostenibile ed ecologico, che trova in Milano la sua centralità.
ReMIVEri intende far conoscere la bellezza e il potenziale di Milano come città d’acqua riscoprendo le antiche idrovie che collegano la nostra città non solo a Venezia, ma ad altre importanti destinazioni, guardando a Milano non come un punto di partenza, ma crocevia di persone, merci, idee, culture.

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Pianta cittadina di Milano del 1888.

ReMIVEri ha avuto esordio in occasione di Expo Milano 2015. Due equipaggi, due gig da quattro vogatori con timoniere, hanno remato 450km in 8 giorni, per coprire l’intero tragitto da Milano a Venezia. Un omaggio alle gesta e un legame simbolico con i vogatori-pionieri, che hanno ispirato la fondazione di reMIVEri, gli ultimi a portare a termine la stessa impresa con un’imbarcazione da canottaggio nell’anno 1927.

mappa-remiveri-2015

ReMIVEri continuano nella loro missione di valorizzare lo sport del canottaggio, di riscoprire la bellezza e il potenziale di Milano come città d’acqua, di riaprire le antiche idrovie per promuovere il territorio e il paesaggio italiani attraverso un turismo consapevole ed ecologico.

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tutte le foto sono CopyRight di Arnaldo Chierichetti, le trovate sul sito www.clponline.it