2016, tappa 3, la via dei longobardi, Lunedì 23 maggio, Lodi – Cremona

Ecco l’articolo che trovate anche su greenreport.it al link: http://www.greenreport.it/news/comunicazione/remiveri-inizia-la-via-dei-longobardi-ladda-si-getta-nel-po/

Domenica sera dopo aver conclusa la via del Marmo, trasportiamo su gomma le barche da Milano a Lodi. Ad accoglierci alla Canottieri Adda (prestigioso circolo Lodigiano) c’è il nostro amico Fabio Catufi, consigliere della Canottieri ma soprattutto uno dei membri del Tarantasius. I ragazzi del Tarantasius li avevamo conosciuti l’anno scorso durante la nostra Milano-Venezia; nello stesso periodo loro stavano percorrendo la Lodi-Venezia. Sono un equipaggio di 10 atleti, come noi, remoturisti ma la loro specialità è la dragoanboat. Arriviamo tardi in Canottieri, scarichiamo le barche: è troppo buio per montarle, lo faremo il giorno dopo. Quindi ceniamo al circolo e poi il meritato riposo a conclusione della faticosa via del Marmo.

Lunedì mattina ce la prendiamo un po’ più con calma, tutti noi desideravamo dormire qualche ora di più per riprenderci dalle fatiche del giorno precedente. Purtroppo piove. Con l’aiuto di Fabio montiamo le barche sotto la pioggia che da sottile diventa sempre più fitta. Per arrivare a Cremona sono circa 70 km. A causa del rovescio partiamo tardi, verso le 11.00, quando spiove. Ahimè ciò implica che finiremo anche tardi… molto tardi. Prima di partire Fabio ci regala un gagliardetto della società (peccato che in questo club non si pratichi più canottaggio). Mettiamo le barche in acqua dal molo, dove è legato il dragone dei nostri amici, e via pronti a partire per la nostra seconda idrovia: inizia la via dei Longobardi.

Per noi è la prima volta che navighiamo sull’Adda. Questo fiume è la grande scoperta di quest’anno. Sia rispetto al Po ma anche rispetto al Ticino questo fiume è meno ampio. Ciò permette di sentirsi molto più a contatto con la natura non solo acquatica ma anche con la fauna terrestre. Tutti noi siamo commossi e affascinati a navigarlo. Qua la natura è meravigliosa. Dopo la pioggia l’acqua è smeraldo, trasparente come quella del Ticino e non limacciosa come quella del Po. Il verde del fiume è contenuto da argini bassi in pietra bianca che si riflettono nelle acque. Sull’argine una fitta vegetazione di alberi che la tempesta ha reso di un colore verde argenteo. In mezzo a questo paesaggio un’enormità di uccelli che volano da una parte all’altra del fiume: beccacce, aironi cenerini, cormorani. Appena ci si ferma per bere un sorso d’acqua non è raro che una farfalla ci si posi sopra la barca o su uno di noi. Dopo la paura, lo stress e la fatica mentale di ieri, la bellezza di tutto questo riempie nuovamente i nostri cuori di serenità. Lo splendore di questo incanto ridà vigore ai nostri animi fiacchi.

La navigazione sull’Adda risulta facile: c’è una buona corrente, le piante fanno spesso ombra e la bella vista allevia la fatica. L’unico inconveniente rispetto al Po è che non avendo il fondo sabbioso (ecco perché è più limpido) anche le spiagge, che si trovano sulla via, sono di ciottoli ed è quindi meno facile l’approdo.

Anche oggi abbiamo incontrato due salti d’acqua senza conca e dunque ci siamo dovuti di nuovo inventare qualcosa. Il primo dislivello incontrato è a Pizzighettone. Poco dopo il ponte della ferrovia c’è un salto d’acqua di un metro. Sulla sinistra vi è uno scivolo, che i canoisti spesso usavano, ma i lavori all’argine lo rendono impraticabile da un anno e mezzo. Decidiamo quindi prima del ponte di fermarci sull’argine destro del fiume. Aliamo le barche e le trasportiamo con i carrelli per circa un chilometro sulla sponda desta. Non possiamo mettere prima in acqua le barche poiché su questo lato c’è una centrale elettrica con turbine che risucchiano parecchia acqua. Terminato il nostro percorso lungo l’argine inizia a piovere, attraversiamo un campo di là dal quale vi è una discesa con facile accesso all’acqua. Mangiamo un panino e ripartiamo sotto una pioggerellina. Per 12 km, gocciola e smette in continuazione. Giunti in prossimità di Castiglione-Bocca d’Adda, dove vi è l’ultimo salto dell’Adda prima di entrare in Po, la pioggia aumenta. Per affrontare il salto d’acqua è stato predisposto uno scivolo con dei rulli.

Il passaggio non è agevole per le nostre barche per diversi motivi. In primis perché sono lunghe, in secondo luogo perché sono in vetroresina e non possono prendere botte, ed infine perché piove e la massicciata su cui è stato montato lo scivolo diventa sdrucciolevole. Affrontiamo questo passaggio tardi, sono ormai le 17.30. Tutti noi siamo stanche e infreddoliti. Alcuni di noi sono anche costretti a scendere in acqua e bagnarsi fin sopra la vita per condurre e direzionare le barche dall’acqua. Avendo fatto prima della discesa un sopralluogo ci eravamo però preparati ad affrontare questi problemi studiando una manovra per trasportare una alla volta le barche dall’altra parte e portandoci dei materassini morbidi da mettere tra i rulli e la barca in modo che questa non sbattano la chiglia sulla parte metallica dello scivolo. Ma per la pioggia non possiamo farci nulla. Proprio nulla. L’operazione è lunga e fiacca il morale di molti. Una volta conclusa la pioggia aumenta ancora. Dobbiamo raggiungere Cremona: manca poco ma la fatica sulle spalle dei giorni precedenti si fa sentire.

Risaliamo subito in barca, bagnati intorpiditi e stanchi iniziamo a vogare. Dopo un chilometro, l’Adda si getta nel Po. Finalmente il Grande Fiume. Il compagno del nostro scorso viaggio ci accoglie di nuovo tra le sue anse. Remiamo ancora, quest’ultima mezzora è durissima. Ma finalmente arriviamo a Cremona. Sono ormai le 7 di sera. Ad accoglierci come l’anno scorso c’è Armando Catullo, l’uomo del Po. Ci aiuta a sistemare le barche, ci porta in canottieri per una doccia e come l’anno scorso ci mette a disposizione la sua casetta galleggiante: il Bodingo. Tutti noi non vedevamo l’ora di dormire di nuovo in quel posto, cullati dalla corrente del fiume.

Concluse tutte queste operazioni, la pioggia cessa. E in quel piccolo angolo di paradiso il sole inizia a tramontare tra le nuvole che da grigie diventano oro. Quel tramonto ci ha donato tanto. Ci ha mostrato che è valsa la pena la fatica di oggi. A me però piace pensare che forse sia semplicemente la maniera con cui il Grande Fiume ha voluto dirci “grazie di essere tornati ancora una volta a trovarmi”.

Giacomo

Carrello, making of…

Per motivi che nei prossimi giorni capirete, i reMIVEri hanno bisogno di un carrello per portare la barca.

Ovviamente, in linea con la sostenibilità del viaggio e dell’impresa, il carrello non sarà trainato da mezzi a motore, bensì da biciclette. E siccome non ci piacciono le cose facili, abbiamo pensato di costruirlo 😉

Si inizia con una bozza di fronte ad una birra, magari anche due.

E’ tutto più facile se hai sottomano un designer e un ingegnere, meglio ancora se c’è qualcuno che poi sa usare un CAD.

Poi quando le cose si fanno operative, è sempre bene rivologersi a chi di ciclomeccanica se ne intende davvero, e chi meglio della cicloofficina balenga ?

Grazie mille agli amici della cicloofficina Balenga per il supporto!

 

 

I pionieri: le imprese milanesi del 1926 e 1927

Non tutti sanno che la nascita del canottaggio a Milano fu ispirata proprio da un lungo viaggio a remi.

Un giorno dell’estate 1890, un gruppo di atleti della Società Ginnastica “Forza e Coraggio” stava remando su dei pattini sul Laghetto di S. Eustorgio (l’attuale darsena di Porta Ticinese), quando a un tratto videro apparire tra la darsena e la conca del Naviglio una barca con voga veneta a quattro remi della storica Canottieri Caprera di Torino, giunta a Milano via Po-Ticino-Naviglio Grande. Nella mente di Guido Alessandro Bonnett nacque l’idea di fondare una società di canottaggio meneghina. A pochi mesi di distanza, nel dicembre del 1890 ebbe origine la Società Canottieri Milano.
Nella seconda metà degli anni venti partirono da Milano due spedizioni che, passando per Venezia, avevano come meta le lontane terre d’Istria e di Dalmazia. Il 13 agosto 1926 un equipaggio composto da Angelo Cattaneo, Giorgio Maggioni, Giuseppe Tettamanzi, Mario Zappa e Guido Ferrari partì alla volta di Pola.  L’itinerario fu Pavia, Cremona, S. Benedetto Po, Papozze, Venezia, Grado, Trieste e Parenzo, e dopo un percorso di circa 710 chilometri, in nove giorni l’equipaggio milanese approdò alla Canottieri “Pietas Julia” di Pola.

L’equipaggio del raid Milano-Pola. di A.Chierichetti
L’equipaggio del raid Milano-Pola. di A.Chierichetti
Raid Milano-Zara: il trasbordo della jole (a Pavia) dal Naviglio al Ticino. di A.Chierichetti
Raid Milano-Zara: il trasbordo della jole (a Pavia) dal Naviglio al Ticino. di A.Chierichetti

Il 6 agosto dell’anno seguente, il medesimo equipaggio (con la sola sostituzione di Guido Ferrari con Arnaldo Chierichetti) si spinse oltre, raggiungendo Zara. Ci vollero questa volta 13 giornate e le tappe di questa ulteriore impresa furono: Piacenza, Casalmaggiore, Ficarolo, Chioggia, Venezia, Lignano, Trieste, Parenzo, Pola, Unie e Zapuntello e, infine, Zara.

Perché reMIVEri

Nel 2013, Massimo Citterio e Giacomo Scandroglio, soci della Canottieri S. Cristoforo, visitando la mostra fotografica Milano tra le due guerre – Alla scoperta della città dei Navigli, attraverso le fotografie di Arnaldo Chierichetti, notarono una immagine che ritraeva un gruppo di vogatori della Canottieri Milano. La foto documentava una loro impresa, compiuta negli anni venti: la discesa del Po, da Milano a Venezia, proseguendo fino a Trieste e oltre.
Dopo avere coinvolto altri soci della Canottieri San Cristoforo, si diffuse l’idea di cimentarsi nella stessa impresa. In seguito a ricerche più approfondite, si ritrovò il percorso originale e si cominciò a radicare la convinzione che potesse essere replicato. Grazie al sostegno del presidente della Canottieri San Cristoforo, Sergio Passetti, e all’adesione entusiastica di altri membri della società, è così nata l’associazione reMIVEri.
ReMIVEri si pone l’obiettivo di riaprire le vie d’acqua alla navigazione a remi, attraverso una nuova concezione del turismo sostenibile ed ecologico, che trova in Milano la sua centralità.
ReMIVEri intende far conoscere la bellezza e il potenziale di Milano come città d’acqua riscoprendo le antiche idrovie che collegano la nostra città non solo a Venezia, ma ad altre importanti destinazioni, guardando a Milano non come un punto di partenza, ma crocevia di persone, merci, idee, culture.

milanoacque
Pianta cittadina di Milano del 1888.

ReMIVEri ha avuto esordio in occasione di Expo Milano 2015. Due equipaggi, due gig da quattro vogatori con timoniere, hanno remato 450km in 8 giorni, per coprire l’intero tragitto da Milano a Venezia. Un omaggio alle gesta e un legame simbolico con i vogatori-pionieri, che hanno ispirato la fondazione di reMIVEri, gli ultimi a portare a termine la stessa impresa con un’imbarcazione da canottaggio nell’anno 1927.

mappa-remiveri-2015

ReMIVEri continuano nella loro missione di valorizzare lo sport del canottaggio, di riscoprire la bellezza e il potenziale di Milano come città d’acqua, di riaprire le antiche idrovie per promuovere il territorio e il paesaggio italiani attraverso un turismo consapevole ed ecologico.

Seguiteci, anche attraverso i social network. Vi portiamo in barca con noi.


tutte le foto sono CopyRight di Arnaldo Chierichetti, le trovate sul sito www.clponline.it