Giorno 2: Pavia-Piacenza 17 maggio

Si riparte di buon mattino percorrendo un tratto del Ticino che ci porterà al grande fiume Po. Salutiamo gli amici del CUS PAVIA, dove abbiamo ricoverato le barche per la notte, facciamo un ultimo controllo di quanto ci serve, mettiamo le barche in acqua, remi negli scalmi e via nella forte corrente di un Ticino veramente vigoroso.

I colpi in acqua si susseguono regolari, si chiacchiera, si scherza e ogni tanto si sta in silenzio per ascoltare i rumori della natura, per sentire e percepire meglio la potenza dell’acqua che ci circonda.

Alberi attorno a noi, uccelli che tagliano l’orizzonte, e quando le rive si fanno più dolci scorgiamo mucche quasi a riva, greggi di pecore che sembrano essere uscite da un presepe.

In alcuni momenti ci guardiamo negli occhi e capiamo quanto siamo fortunati. Questa avventura non è solo un’impresa sportiva, non è fatta solo di fatica fisica, di sudore, di mani che fanni male, di mète che sembrano non arrivare mai, è anche un’esperienza di vita. Abbiamo la consapevolezza che stiamo vedendo la natura ed il fiume Po da una prospettiva unica.

Come i bambini in autostrada, contiamo i ponti che passiamo, stando sempre attenti ai cambi di corrente che ci sono vicino ai piloni. Perdiamo presto il conto, distratti dall’infinito orizzonte dei colori che assorbono la nostra attenzione.

Ci fermiamo per una pausa tecnica su una piccola spiaggia che consente l’arrivo delle barche senza troppa difficoltà. Scendiamo dagli scafi sprofondando coi piedi nella fanghiglia senza che questo sia strano. Sorridiamo e godiamo della bellezza del momento, ognuno di noi si guarda attorno cogliendo quello che più ama, ognuno di noi è solo con le proprie sensazioni: un sogno.

Si continua a vogare, un remo dopo l’altro tagliano l’acqua, un colpo dopo l’altro e ci avviciniamo a Calendasco dove sappiamo di doverci fermare perché ci stanno aspettando.

In mezzo al nulla, in mezzo a rive deserte, compare una piccola rientranza, un pontile con due barche ormeggiate ed una vecchia ma affascinante mobile-home. E’ la sede di un circolo di “amanti del Po”, così definirei questo luogo. Cercate di immaginalo lo spirito di questo luogo: nel nulla, in mezzo ad uno splendido nulla, siamo accolti da eroi da persone del che sapevano del nostro passaggio.

Peter, Umberto e Fiorella ci trattano da veri amici, capiscono, senza averci mai conosciuti, che forse abbiamo la stessa empatia e lo stesso amore, che anche loro anno per diritto di nascita, per questo fiume e questi paesaggi.

Una grigliata è stata organizzata per noi, del buon formaggio si accompagna ad un frizzante e fresco vino rosso, pane in abbondanza sulla tavola e poco altro se non tantissima umanità, quell’umanità che nelle grandi città è ormai scomparsa.

Ed in questo deserto salutiamo felicemente, prima di rimetterci in moto, anche tre amici milanesi che sono venuti a trovarci: Anna, Clara e Cameron. Grazie!

Il nostro viaggio continua, i chilometri percorsi iniziano a farsi sentire, le vesciche nelle mani cominciano a bruciare, cerchiamo di resistere.

Il sole sta declinando sopra di noi, i colori diventano uniformi: le rive, gli alberi e l’acqua che scorre diventano un tutto che ci avvolge senza soluzione di continuità.

E’ come se avessimo il privilegio di entrare in un’altra dimensione, la dimensione intima del cosmo, fin dentro allo spirito del luogo.

Piacenza è davanti a noi, ancora un piccolo sforzo e vediamo comparire il pontile della storica Società Vittorino da Feltre 1883.

Ormeggiamo con una serie di colpi sostenuti controcorrente, dopo aver virato con le prue. Barche in spalla ed entriamo in Canottieri dove raccogliamo le ultime energie. Qualche minuto e le macchine dell’albergo, dove alloggeremo, vengono a prenderci.

In questo nostro viaggio stiamo incontrando persone molto disponibili con noi. Siamo veramente felici e grati per l’aiuto che ci stanno dando, in ogni forma e modo.

Ci trasciniamo fino alle camere con le nostre borse, una doccia al volo e si cena divorando anche il tavolo. Domani il viaggio continua…

Giorno 1: Milano-Pavia 16 maggio

Sono passati molti mesi dall’ideazione dell’impresa di reMIVEri ed il fatidico sabato della partenza è arrivato. I due equipaggi, al gran completo, si ritrovano in Canottieri San Cristoforo: ultimi controlli alle imbarcazioni, alle dotazioni di bordo, verifica dei remi, degli scalmi e via, con entusiasmo e consapevoli di compiere qualcosa di unico, mettiamo le barche in acqua.

Il cuore batte forte, sappiamo che molti amici e cittadini ci aspetteranno in darsena, per un saluto, prima di lasciare Milano.

Si parte, le prime remate trasmettono una strana sensazione mentre ciclisti, famiglie e persone disposte lungo il Naviglio Grande, ci incoraggiano per la nostra impresa. Man mano che ci avviciniamo alla darsena la folla aumenta e un applauso ci accoglie al passaggio sotto l’ultimo ponte che si apre sul bacino finalmente riportato agli antichi splendori.
E’ bello incontrare e ritrovare tanti amici, imbattersi in sconosciuti che sono venuti a vedere, incuriositi, questi dieci canottieri che remeranno da Milano a Venezia: percepisci chiaramente che per molti, questo viaggio, non rientra nell’alveo delle possibilità razionali. Ed invece lo era e lo è ancora: noi vogliamo dimostrarlo.

Spendiamo qualche tempo in Darsena per poi entrare, non senza difficoltà dovute alle forti correnti, nel Naviglio Pavese dove pochi metri ci separano da una prima esperienza unica: entriamo in una conca, ovvero in una chiusa che ci consente di superare un salto d’acqua di parecchi metri. Le due barche allineate aspettano al centro la chiusura delle paratie mentre un nuovo nugolo di persone incuriosite ci osservano sprofondare. Ed ecco aprirsi le paratie di fronte a noi e con esse la prospettiva del Naviglio Pavese. Il viaggio è veramente iniziato. Dopo qualche centinaio di metri una gru di Cavanna Traslochi, a bordo strada, è già pronta ad alare le barché perché il Naviglio Pavese, abbandonato alla navigazione da molti decenni, non è più percorribile, avendo il sistema di chiuse completamente compromesso.

E da questo punto, con le persone che ci osservano sempre più stranite, il nostro viaggio proseguirà fino Pavia – per una trentina di chilometri quindi – con le imbarcazioni trainate da due tandem ed appoggiate su due carrelli autocostruiti da alcuni di noi. Un grazie di cuore ad Alise Sicuri di Quantica, allo ZIO Bruno e alla Ciclofficina Balenga.

Il viaggio si trasforma in un’avventura, un primo carrello sembra cedere ma si è solo spostato per colpa di un dosso. Lì capiamo che dovremo andare molto piano. Invadiamo le piste ciclabili con gente che ci dice di mettere le barche in acqua. Ovviamente questo non è possibile. Blocchiamo un’intera rotonda, invadendola di biciclette, poco prima di arrivare a Pavia. La situazione è surreale e si formano chiaramente due fazioni divise tra quelli che ci incoraggiano e quelli che ci fanno notare che le barche non vanno per strada. Lo sapevamo ma non avevamo alternative e arriveremo a Venezia in qualsiasi modo. Mentre pensiamo questo preghiamo anche di non incrociare vigili o polizia: sarebbe una situazione di difficile soluzione.
Il destino ci sssiste e a metà pomeriggio raggiungiamo, più o meno senza intoppi, la sede del Cus Pavia Canottaggio dove ci accolgono con grande calore. Mangiamo qualcosa, facciamo un brindisi coi canottieri e con gli amici dell’Associazione Autismo Pavia e raggiungiamo l’albergo.

La tensione si allenta e la stanchezza improvvisamente fa la sua comparsa: il tempo di una cena e crolliamo sui nostri letti. Da domani il Ticino ed il grande Po, ci aspettano. Si comincia a fare sul serio.

Sabato 16, Giorno 1, Milano – Pavia

Davvero…

si inizia!

Alla fine credevo fosse solo un racconto su facebook, su instagram, su twitter, in radio, o sul giornale.

Ma la dimensione vera forse me la stavo perdendo.

Ecco, così stamattina, quando mi sono alzato un’ora prima del necessario, ho capito che invece era vero, oggi si partiva.

Davvero qualcuno dopo anni sarebbe passato in darsena e da lì alla chiusa della conchetta, davvero diretto in barca fino a pavia.

Oggi il primo crepacuore me l’ha regalato sandro, quando, non contento di avermi fatto lavorare fino alle 11 di ieri sera al carrello delle bici, stamattina trova per caso l’ultima fascetta per legare il tandem al carrello, allora si ho iniziato a pensare che qualche entità suprema avesse deciso di supportarci.

Ho iniziato a ircredermi quando mio padre, dopo aver stipato tutti, ma dico proprio tutti i bagagli, e aver chiuso l’auto, mi chiede dove abbia messo le chiavi: io???

Dopo qualche minuto di panico, vero, per fortuna dal basso dei meandri dei sedili della focus, saltano fuori anche le chiavi della kia.

Va beh, basta particolari inutili, diciamo chi c’era.

C’erano gli amici, in darsena, a farci le foto , sul pontile da cui è in teoria vietato salire. C’erano i genitori, le fidanzate, qualcuna che è svenuta dall’emozione, c’erano 10 remiveri, anzi 11, che stavano inizando a crederci.

Allora, partiamo=?

Nell’emozione dell’applauso della folla, ci allontaniamo dalla darsena e Imbocchiamo, max al timone della non più battezzata barca 1 la REMINGA, e Papoz alla ArcaGea

il pavese. Peccato, che dietro il primo angolo, spunti il battello a motore, con velato garbo ci indichi di andare a marcia indietro e tornare verso la darsena. Ma noi non abbiamo la marcia indietro!

Salvati ancora dall’ennesimo crepacuore della mattina, raggiungiamo a passo d’uomo i barconi dei locali della movida milanese e davanti alla chiusa della conchetta una folla di amici e sconosciuti ci accoglie festante, pronta a vedere dopo tanti anni la chiusa funzionare.

Meccanica chiusa

E qui inizia il terrorismo psicologico e delle fantasiose narrazioni della possenza delle correnti al di là della chiusa: i consigli sono diretti ai vogatri, rema 4 appena puo’, per uscire dal turbine delle acque, vai di timone, lontani con la pagaia. Col fiato sospeso, la chiusa si svuota… e poi si apre… e per fortuna si sgonfia anche il racconto del mitico maelstom che avrebbe dovuto affondarci.

 

Grazie ad un amico ex canottiere, che ci presta la gru, all’altezza del ponte della 95, dove c’è un ponticello pedonale ed un camminamento una volta usato dai buoi, dove l’acqua passa ad un pelo dalla strada, aliamo le barche (ossia le tiriamo fuori dall’acqua).

La manovra non è difficile ma va fatta con attenzione: lanciamo la cima a riva, aiutati da una bottiglietta piena d’acqua che fa da contrappeso, e da riva prima ci aiutano ad accostare e a scendere e disarmare la barca, poi la leghiamo al centro del ponte, in modo che possa scorrere in avanti e opermettere al secondo armo di fare la stessa manovra. Poi imbraghiamo le barche e le solleviamo con la gru, per posarle sul carrello per biciclette che nel frattempo abbiamo montato. Alleggeriamo la battuta sul carrello con la gommapiuma, leghiamo le barche e riposiamo mezz’ora nell’attesa che Sergio carichi i remi sull’auto.

Ora c’è una delle prove del fuoco di oggi, verificare se sia possiible trainare una barca da 12 metri del peso di 80 kg con una bicicletta e un carrello costruito con mezzi recuperati.

Contro ogni mia aspettativa, la giuntura tiene! Non ci avrei scommesso molto, prima, che due piattine da 25 mm avrebbero potuto tenere quel carico!

Ecco, faccio una foto e la metto su twitter… fatto, carico… no! Non è possibile! Si è già rotto!

Primo pit stop: ad un dosso, il carrello è passato troppo veloce ed è saltato, ma la barca ha perso il contatto con il carrello su cui poggiava, e la ruota se né andata per la sua strada. Per fortuna abbiamo un nutrito gruppo di ciclomeccanici, Luca e Gabri ci aiutano subito e in un attimo abbiamo rimesso tutto a posto. Solo molta paura.

Da qui in avanti ci facciamo saggi, ci godiamo il paesaggio, la chiusa di assago è davvero un piacere per gli occhi, una macchina di ingegneria del 1800, e le fabbriche dello stesso periodo ormai dismesse che la circondano rendono l’idea della milano lontana nel tempo e ancora ricca di fascino che vorremo riscoprire.

Ci facciamo cullare dalla poche curve, dal profumo dei fiori di primavera, dallo scampanellio di chi non gradisce barche sulla ciclabile.

I ciclisti al seguito sono bravi, ci aiutano scendendo dalla bici e aiutando il passaggio sui dossi o sulle cunette più pericolose, praticando un nuovo triathlon, biciletta, lancio della bici, alzata o spinta della barca, corsa verso la bici per riprenderla, o portamento di bici mentre se ne guida un altra per restituirla al propietario corso nel frattempo in nostro aiuto.

al cambio della sponda, La ciclabile diventa una vera strettoria per 12 m di barca piu’ 3 di tandem largho 1.80 m. praticamente un bicitreno! Dopo pochi km, poco prima di binasco, c’è un tunnel nella ciclabile, ma è interrotto causa allagamento, per cui non ci resta che invadere la strada statale!

La nostra scorta cicilistica ci precede nella manovra come una staffetta, e riusciamo in breve tempo a riportarci sull’argine giusto, percorrendo lo sterrato che ci porta alle chiuse successive.

Ci raggiunge da Pavia una delegazione del gruppo autistici di Pavia, e ci accompagnano pedalando nella via.

Finalmente, dopo altre bellissime ma abbandonate, sigh, chiuse, raggiungiamo pavia senza altri inconvenienti. L’ultima parte delicata è passare sotto il ponte prima della citta, portiamo il carrello a braccia, e poi passiamo a fianco allo stadio dove c’è anche un bar alla kusturika e un gruppo di curiosi che non ha mai visto un circo come il nostro ci acclama.

Attraversiamo con cautela la città, e a parte una volta in cui ci cade la catena del tandem, con goia arriviamo al CUS pavia, lungo l’argine, dove ci aspettano i festeggiamenti !

E finalmente si brinda e si fa festa con gli amici!

Grazie a tutti quelli che ci hanno aiutato nella difficile giornata, e l’hanno resa possibile e unica, per noi e per tutti quelli che non hanno mai visto la chiusa funzionare né delle barche trainate da delle bici !

A domani, per la prossima tappa fino a Piacenza!